Cari lettori, bentornati nel mio giardino letterario. La recensione che vorrei proporvi questa sera è incentrata sulla trilogia di un’autrice che, con mio grande, enorme, immenso rammarico non ha avuto molto successo in Italia, nonostante il premio Best Fantasy Novel, vinto con l’uscita del secondo romanzo. Si tratta di tre libri che possono benissimo considerarsi autoconclusivi, perché ognuno di essi narra una storia incentrata su personaggi diversi appartenenti alla stessa famiglia. Essendo amareggiata dal fatto che un libro così ben fatto non abbia avuto la fortuna che meritava nel nostro bel paese (con tutta la spazzatura letteraria che molti editori hanno il coraggio di pubblicare…), ho deciso di dare il mio piccolo contributo nel proporre letture decenti e parlarvene, perciò eccomi qui a recensirvi “La Figlia della foresta”, primo libro della trilogia di Sevenwaters, della scrittrice Juliet Marillier.
Per questa settimana non ci allontaneremo molto dal tema delle fiabe, perché questo romanzo trae ispirazione proprio da una fiaba dei fratelli Grimm, ovvero “I sei cigni” che l’autrice ha saputo trasporre abilmente in un fantasy, che mi ha emozionata fino all’ultima pagina. Prima di cominciare con la recensione vorrei ringraziare davvero tanto una persona, senza la quale non avrei mai e poi mai scovato quella che è un’autentica perla che è stata presa e ingiustamente buttata nel dimenticatoio, per cui grazie Giulia!
Anche se si tratta di romanzi che sono quasi andati del tutto fuori catalogo, desidero lasciarvi comunque le informazioni tecniche del primo libro della trilogia qui sotto. Chissà se online, o in una di quelle bancarelle che vendono vecchi libri non abbiate anche voi la fortuna di trovarlo. Vi consiglio anche di dare un’occhiata sul sito di Dragonstore, dove forse sono disponibili le ultime copie di tutti e tre i libri.

-Autore: Juliette Marillier
-Titolo in italiano: La figlia della foresta
-Casa editrice: Armenia
-Prezzo in euro: 9,50
-Numero pagine: 607
-Anno di pubblicazione: 1999
-Reperibilità: bassa, si può trovare esclusivamente online o nei negozi di libri usati.
UN ASSAGGIO DI TRAMA
Finalmente qualcuno che riesce a trasporre in romanzo fantasy un’idea già esistente senza cadere nel becero! Per chi non la conoscesse, la fiaba dei Grimm narra la disavventura di una ragazzina, unica femmina di sette figli, che cerca di liberare dall’incantesimo di una strega i propri fratelli, altrimenti condannati a vivere per sempre come cigni. Per spezzare l’incantesimo dovrà cucire loro delle camicie fatte interamente di ortica, senza proferire alcuna parola e senza raccontare la sua storia a nessuno. Ed è esattamente questo, se non di più, ciò che dovrà patire la giovane Sorha, ultima figlia di Lord Colum di Sevenwaters, una terra situata in Irlanda e circondata da una foresta custodita dal misterioso e inavvicinabile popolo fatato. Il romanzo inizia con un ritmo molto calmo, lasciando al lettore il tempo di immergersi nell’atmosfera medievale e ricca del folklore tipico della cultura celtica, con una narrazione scorrevole e leggera, ma affatto priva di sostanza. La vita di Sorha procede con alti e bassi, ma tutto sommato in modo tranquillo, cresce imparando l’arte della guarigione attraverso l’uso delle piante ed è protetta dai suoi sei fratelli, che con mia grande gioia sono ben caratterizzati dall’autrice, dandomi modo di scoprire le diversità del carattere e delle attitudini di ognuno di loro, cosa che non è affatto da dare per scontata perché molto spesso quando si ha a che fare con tanti personaggi si rischia di non caratterizzarli a dovere, rendendo così la narrazione e la storia troppo piatti.
“La nostra casa prendeva il nome dai sette torrenti che scendevano dal fianco delle colline e si immettevano nel grande lago bordato di alberi. Era un luogo remoto, tranquillo e caratteristico, sorvegliato da uomini silenziosi vestiti di grigio che si aggiravano per la foresta con armi affilate. A mio padre non piaceva correre rischi. Era Lord Colum di Sevenwaters…al di fuori di questa foresta non vi era luogo che poteva dirsi sicuro…”
Ad un certo punto, però, nella vita di Sorha e dei suoi fratelli arriva Lady Oonagh, una donna bella e potente, che seduce Lord Colum e lo porta a sposarla. I modi ammalianti della donna sembrano avere presa su tutta Sevenwaters, tranne su Sorha e i suoi fratelli (a parte il secondogenito Diarmid), che riescono a vederla per ciò che è davvero e tentano di elaborare un piano per allontanarla dal loro padre, ma Lady Oonagh è una donna scaltra e le cose si mettono di male in peggio. Sorha assiste impotente al sortilegio che la donna scaglia sui suoi fratelli e con un colpo di fortuna riesce a sfuggirle. Sola e spaventata, la ragazza sente tutto il suo mondo crollarle sotto i piedi, ma la benevola Signora della Foresta giunge per confortarla e rivelarle ciò che è necessario fare per liberare i ragazzi dalla maledizione. Dovrà cucire una camicia per ciascuno di loro con le fibre di stellaria, una pianta irta di spine in grado di procurare un dolore lancinante a chiunque la colga, senza proferire parola alcuna, né poter raccontare a nessuno la propria storia. Solo il silenzio, la sopportazione di quel sacrificio e l’immenso amore di Sorha per la sua famiglia sarà in grado di contrastare il maleficio di Lady Oonagh. Così inizia il vero cuore del romanzo, ovvero tutte le peripezie di Sorha per completare quel gravoso compito e spezzare la maledizione. Un destino, che sembra esserle crudelmente avverso, la condurrà dritta nelle mani dei britanni, nemici di Lord Colum e della gente di Sorha, dove le difficoltà si faranno sempre più impervie, mettendo alla prova la sua tempra e il suo cuore…
LA NIDIATA DI SEVENWATERS
Bene, dopo avervi fatto questo sunto della trama per darvi l’idea della storia narrata, vorrei soffermarmi sui personaggi, poiché sono ciò che rende questo romanzo davvero ben fatto, dimostrando la validità della scrittrice, a cominciare proprio da Sorha.La protagonista in questione è uno dei personaggi più tosti che io abbia mai incontrato, la prova perfetta di quanta forza possa talvolta nascondersi in un essere che apparentemente ci sembra fragile e incapace di difendersi. Anche nei momenti più difficili, dove questa ragazza si trova a subire atti di crudeltà che mi hanno spezzato il cuore, la vediamo lottare con tutta sé stessa e rischiare tutto, persino la sua stessa vita, pur di salvare i propri fratelli, per i quali nutre un amore che è più forte di qualsiasi magia del mondo. Non compie mai scelte avventate e se si trova in situazioni spiacevoli è sempre per sfortuna, o perché si trova a competere contro persone fisicamente (o magicamente nel caso di Lady Oonagh) più forti di lei. Il romanzo è narrato dal suo punto di vista e la profondità con cui l’autrice riesce a trasmetterci i suoi pensieri fa sì che il lettore riesca ad empatizzare perfettamente con lei. Allo stesso modo ho potuto apprezzare la caratterizzazione di tutti e sei i fratelli della protagonista: Liam, Diarmid, Cormack, Conor, Finbar e Padriac. Per curiosità sono andata a vedere il significato che hanno questi nomi, naturalmente tutti di origine gaelica e ho felicemente constatato che riassumono, talvolta con una punta di ironia, il carattere di ciascuno di questi personaggi. Liam, in quanto fratello maggiore è il più protettivo e ha una naturale attitudine al comando, Diarmid, nonostante il suo nome significhi “colui che è privo di invidia” tende a competere con il primogenito, talvolta arrivando a compiere azioni avventate e immature. Cormack è una testa calda anche più di Diarmid e sarà uno dei primi a risentire della maligna influenza di Lady Oonagh, prima ancora che essa scateni il terribile incantesimo, non a caso il suo nome vuol dire “figlio della corruzione”. Poi c’è il gemello di Cormack, Conor, di cui confesso di essermi innamorata perdutamente. Conor è tra tutti i fratelli quello più saggio e malgrado la sua giovanissima età, sembra già conoscere parecchie cose del mondo. In tutto ciò che dice o che fa nel romanzo mi da costantemente la sensazione di essere avvolto dallo stesso alone di magia e mistero che permea nella foresta stessa e non a caso verrà scelto per diventare un druido. Gli ultimi due sono Finbar, con il quale Sorha mostra un legame leggermente più profondo rispetto al rapporto che ha con gli altri cinque fratelli, tanto che riescono a capirsi spesso senza bisogno di parlare e Padriac. Finbar è un vero animo candido, le cui azioni sono sempre dettate da un saldo senso di giustizia e alla fine del romanzo si capisce che questo personaggio non poteva fare a meno di essere chiamato “colui che è puro”, mentre Padriac è un ragazzo avventuroso, con un grande amore per gli animali e la meccanica. Tutti loro sono ovviamente molto protettivi nei confronti di Sorha e in tutto il divenire della trama non ho potuto fare a meno di empatizzare con la loro situazione. Cercano in tutti i modi di dare sollievo alle pene che la loro sorella affronta per liberarli, si sente la loro frustrazione e la loro furia nel momento in cui non hanno potuto salvare Sorha da una vicenda terribile perché imprigionati nell’incantesimo della strega. Si sente il crudele senso di soddisfazione quando Liam e Diarmid cercano di rendere giustizia a Sorha in un modo o nell’altro, la fiducia incrollabile che ripongono in Sorha e il dolore provocato da Lady Oonagh che sembra aver irrimediabilmente distrutto le loro vite.
UN PICCOLO APPUNTO SUI PERSONAGGI SECONDARI
In questo romanzo ci sono anche dei personaggi secondari che mi sono piaciuti parecchio. Non mi hanno dato le stesse emozioni dei protagonisti, ma sono comunque riusciti a suscitare in me un sentimento di affetto, come ad esempio il mite Brien, classico monaco cristiano che vive come eremita in una grotta vicino a Sevenwaters e che molto spesso dispenda saggi consigli e preziose conoscenze a Sorha e ai suoi fratelli. E’ sopratutto grazie a lui se la protagonista impara ad usare sapientemente piante per farne medicamenti vari. Oppure la dolce Margery, che Sorha incontra una volta piombata nella casa di Lord Hugh in Inghilterra, una delle pochissime persone su cui la protagonista può contare lontano da casa, mostrandole gentilezza in un ambiente dove tutti la guardano con sospetto e la considerano una strega. Anche sul personaggio di Lord Colum ho qualcosa da dire. Inizialmente avrei voluto prenderlo volentieri a randellate sui denti, non lo nascondo, tuttavia c’è da dire che dietro al suo carattere duro, spietato e poco affettivo nei confronti dei figli si cela un padre distrutto dal dolore per la perdita della donna che amava più di tutto, un dolore che lo spinge a concentrarsi smaniosamente nelle battaglie e nelle trame politiche, un dolore che l’ha reso un bersaglio facile per Lady Oonagh, un dolore che si ripercuote in particolare su Sorha, che Colum non riesce ad amare del tutto in quanto gli rammenta involontariamente la causa della morte di sua moglie. Ci viene spiegato, infatti, che Niham muore per darla alla luce.
LA STREGA CHE SCONVOLSE UNA FAMIGLIA
Ed eccoci alla nostra tutt’altro che cara Lady Oonagh, antagonista della nostra vicenda, insieme al secondario (ma non meno s*****o) Lord Richard, di cui accennerò solo un paio di cose. Mi sono trovata di fronte alla classica strega che all’inizio ci mostra la classica facciata innocente, ma che zitta zitta riesce a sposare la vittima designata, iniziando ad espandere pian piano per tutto il feudo la sua nefasta influenza. Lady Oonagh è come una sanguisuga, che si nutre di tutto ciò che è buono e lieto, fino a lasciare gusci vuoti per poi andarsi a cercare un altro terreno fertile da massacrare. Purtroppo il finale di questo romanzo mi ha privata della soddisfazione che avrei voluto avere nel vederla massacrata dai fratelli di Sorha…ma a tutto c’è una buona ragione in questa trama, credetemi.
Su Lord Richard, signore di Northwood e zio di Lord Hugh, posso dire soltanto che è il personaggio più viscido e meschino di tutto questo racconto, uno che non si fa scrupoli davanti a niente e a nessuno pur di soddisfare la sua sete di potere e che sarà la principale causa delle angosce della povera Sorha nella terra dei britanni…
Mi sento di fare anche un piccolo appunto sull’accuratezza del periodo storico trattato. Come ho detto questo fantasy si ambienta nel Medioevo, più precisamente in quel momento storico dove l’Inghilterra era ancora un’accozzaglia di regni piccoli e indipendenti che si facevano la lotta tra di loro, i vichinghi facevano le loro scorrerie nel Nord Europa belli tranquilli e l’Irlanda era ancora per la gran parte di cultura celtica pagana, motivo per cui Sorha viene poi additata come strega dalle donne inglesi della casa di Lord Hugh. In generale mi sembra che la scrittrice abbia rispettato la cornice storica nella quale ha ambientato il suo romanzo per cui…Ottimo lavoro Juliet!
Bene ragazzi, la recensione de “La figlia della foresta” termina qui. E’ stata una recensione abbastanza breve e semplice, meno intricata rispetto a “Regina rossa”, ma dopotutto la storia si basa pur sempre su una fiaba e, come tutte le fiabe che si rispettino, possiede una trama lineare e pulita. Ci tengo a darvi un avviso però. Non fatevi ingannare dalla storia che può sembrare davvero banale e scontata all’inizio, perché contiene delle scene di impatto emotivo considerevole, io stessa arrivata ad un certo punto mi sono presa una pausa di un paio di giorni…siete avvisati (ma non ve ne pentirete affatto se deciderete di leggerlo, ve l’assicuro).
Come al solito vi ringrazio di aver letto fino alla fine, vi invito a lasciarmi un like ed un commento, vi invito a seguirmi anche sul mio profilo Instagram per rimanere sempre aggiornati sulle mie letture https://www.instagram.com e a dare un’occhiata a questa ricetta super golosa https://magazy.it/tartufi-al-cioccolato/.
Auguro a tutti voi una splendida giornata e…alla prossima recensione!
Selene.

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