Salve a tutti carissimi lettori e bentornati nella sezione letteraria di Magazy con una mia nuova recensione!
Ho sentito parlare a lungo della scrittrice Sarah J. Maas, del successo che ha riscosso grazie alla sua prima saga de “Il trono di ghiaccio” e del polverone che è riuscita a sollevare grazie alla nuova serie di romanzi che hanno dato avvio alla seconda saga di quest’autrice statunitense.
Tra gente che li ha adorati fino alla follia e persone che ne sono rimaste fortemente deluse, ovviamente non potevo non sentirmi travolta e incuriosita da questa novità.
Come dico sempre, ogni storia merita di essere letta almeno una volta, perciò terminati gli esami della sessione estiva ho acquistato e letto “La corte di rose e spine” (o se preferite ACOTAR), il primo romanzo della nuova saga della Maas…ed è lì che è cominciato il delirio.
*ATTENZIONE EVENTUALI SPOILER*
-Autore: Sarah J. Maas
-Titolo: La corte di rose e spine
-Data di pubblicazione: 2019
-Numero pagine: 406
-Prezzo in euro: 16,90
-Reperibilità: alta, sia online che in libreria

Una trama-non trama
Come avrete già intuito dall’inizio, questa non sarà una delle mie solite recensioni positive.
Partiamo dal primo dei punti dolenti di questo libro: la trama.
Riassumendola in parole povere, Feyre è una ragazza proveniente da una famiglia caduta in disgrazia, costretta a cacciare nei freddi boschi del suo paese per sopravvivere e dare sostentamento all’intera famiglia composta dal padre e dalle sue due sorelle, Nesta ed Elain. Un giorno uccide un gigantesco lupo che in realtà si rivelerà essere un Fae Maggiore, appartenente al popolo fatato che vive in un regno al confine col mondo umano, lo scuoia e ne vende la pelle al mercato per farci qualche soldo in più. A sconvolgere la travagliata esistenza della ragazza sarà Tamlin, Signore Supremo della Corte di Primavera venuto a reclamare la vita di colei che ha ucciso un membro del suo seguito. Da qui in poi gli eventi saranno narrati come un mal riuscito re-telling de “La bella e la bestia”, dove Tamlin ospiterà Feyre nella sua corte con il divieto assoluto di fuggire e nel frattempo, tenterà di conquistare il suo cuore per spezzare l’incantesimo di Amarantha, che minaccia di distruggere tutti i Signori Supremi e le loro corti.
Vi starete chiedendo: perché trama-non trama? Se ci si affida soltanto al riassunto sembra tutto molto bello, anche se scopiazzato da una fiaba già esistente, il vero problema è che l’80% del libro è focalizzato solo sui penosi tentativi della protagonista di tornarsene a casa e di scenette romance tra lei e Tamlin che per carità, possono anche essere piacevoli, ma non riempiono mai abbastanza tutto quello spazio di trama che sembra essere rimasta abbozzata e mai davvero sviluppata.
La vera azione si intravede nell’ultima parte del libro e basta, il che non è necessariamente un male, basti pensare al primo libro della saga “Regina Rossa” di Victoria Aveyard, che ho adorato. Il problema di ACOTAR è che la mancanza di azione che c’è in tutta la prima parte del libro non è compensata con una buona carica di sviluppo dei personaggi, digressioni su descrizioni dettagliate, approfondimenti seri di background, niente di tutto questo, rendendo il tutto un vero mare piatto e dopo circa 300 pagine la cosa comincia ad essere un problema…
Una corte di cliché e nonsense
Chiariamoci, ormai i cliché sono qualcosa che tendiamo più a sopportare a denti stretti che a giustificare e ACOTAR in questo caso non fa eccezione. Solito cliché della ragazza che viene contesa tra due potenziali amanti, solito protagonista maschile alla “in apparenza sembro grosso e cattivo ma in realtà sono tenero e romantico”, solito rapporto conflittuale con la sorella e solita sorella acida ma che sotto sotto ti vuole bene, ma lo nasconde sotto una scorza apparentemente dura.
Tutti elementi che sono già stati visti in innumerevoli romanzi e che a lungo andare possono risultare superficiali e una scusa per non approfondire ulteriormente i personaggi.
Ma la cosa che ho trovato assolutamente senza senso è la seguente: come può essere che Feyre, una ragazza appartenente al ceto medio-borghese (dato che il padre era un ricco mercante) non sappia leggere? Checché i fan della saga ne dicano, personalmente la trovo una cosa senza senso e fatta soltanto per forzare il lettore ad empatizzare di più col personaggio attraverso il “mi fa tenerezza quindi mi sta simpatica”. Se così fosse davvero, a mio avviso sarebbe una presa in giro fatta nei confronti del lettore e la cosa non è affatto gradevole.
Un altro fattore nonsense che ho riscontrato riguarda Amarantha, l’antagonista. A livello di personaggio è uno dei pochi ad essere strutturato bene, mi spiego meglio. Generalmente un antagonista per essere credibile deve avere una motivazione forte e salda per voler desiderare la distruzione del mondo in questione e Amarantha questo lo rispetta: il triste passato che lega lei e sua sorella al mondo degli umani l’ha portata ad essere la cattivona di turno e ci sta, tuttavia il fatto che si sia rivelata così facile da sconfiggere nello scontro finale mi ha lasciato l’amaro in bocca e sopratutto non giustifica più il fatto che tutti i Signori Supremi si siano lasciati sopraffare da lei.
Dettagli che però fanno la differenza.
Un finale brutto e scontato
Ciò che di questo romanzo ha rappresentato per me il colpo di grazia è stato proprio lui.
LUI, il finale. Un finale in cui Feyre, praticamente caduta sotto la violenza di Amarantha viene resuscitata con una magia di cui non ci viene spiegato praticamente nulla e diventa…una Fae Maggiore.
A questo punto la voglia di defenestrare questo romanzo è salita alle stelle, ma mi sono trattenuta perché non riesco a trattar male i libri cartacei. A livello concettuale, resuscitare un personaggio in un fantasy è possibile, certo, tuttavia il soggetto in questione NON PUO’ RINASCERE COSI’ A BUFFO COME UN ESSERE FATATO, USCENDO COMPLETAMENTE FUORI DA QUELLA CHE E’ LA SUA NATURA D’ORIGINE.
Immaginatevi come sarebbe se Boromir de “Il signore degli anelli” fosse stato resuscitato da Elrond e l’avessimo rivisto tutto ad un tratto più snello e con le orecchie a punta…decisamente una pessima scelta da parte dell’autrice e un’ulteriore presa in giro fatta al lettore, nonché l’ennesimo cliché secondo il quale il protagonista non può morire in quanto protagonista. A mio avviso sarebbe stato molto più bello e convincente se Feyre avesse avuto una vera morte eroica, o quanto meno l’autrice avesse trovato un modo per risparmiarci questa scena. In tal modo si sarebbe anche rafforzato il concetto di “mi sacrifico perché il mio amore per te è puro e sincero”.
Una narrazione priva di descrizioni
Vorrei terminare la mia recensione con un appunto sulla scrittura. Una cosa che ho trovato assurda è il fatto che l’autrice non sappia descrivere appieno alcune cose. Per quanto riguarda il world building ho trovato le descrizioni sufficienti a rendere chiaro il mondo in cui il lettore si ritrova, ma tutto sembra essere sempre abbozzato e mai veramente descritto in maniera completa. Non pretendo certo le descrizioni chilometriche alla Tolkien (anche perché non ci sarebbe neppure il livello adeguato) ma a mio avviso qualsiasi descrizione deve essere per lo meno coincisa e completa.
Cercherò qui sotto di riportarvi un esempio a sostegno della mia opinione a riguardo, una scena in cui Feyre visita la galleria d’arte di Tamlin e osserva i quadri che ci sono.
“Erano così tanti e così diversi, eppure disposti in modo da susseguirsi con continuità…alcuni erano stati dipinti attraverso occhi simili ai miei, da artisti che vedevano colori e forme che comprendevo anche io. Altri, invece, mostravano tonalità che non avevo considerato, rappresentando il mondo visto con occhi diversi.”
Questa descrizione, che teoricamente dovrebbe farci capire che tipo di quadri ci sono in questa galleria, non dice praticamente nulla è troppo evasiva, come se la scrittrice avesse girato intorno alle cose senza dare loro una forma, un colore e una sostanza precisa. Delle descrizioni così annacquate, secondo me, rendono la narrazione troppo superficiale lasciando un grosso punto interrogativo nella testa del lettore. Spazio all’immaginazione di chi legge? Assolutamente legittimo, ma ciò che deve emergere da un librò è l’immaginazione dello scrittore prima di tutto.
Bene, carissimi, la recensione di ACOTAR termina qui, naturalmente nel rispetto da parte mia di chiunque invece lo abbia letto e apprezzato così com’è. Se volete sostenere la mia opera di divulgazione di romanzi, vi invito a seguire il mio profilo Instagram, in modo da restare sempre aggiornati sulle mie attività letterarie https://www.instagram.com/?hl=it. Se invece avete voglia di scoprire la recensione di un fantasy che vale davvero ogni minuto del vostro tempo, vi consiglio di cliccare qui https://magazy.it/recensione-una-perla-nel-dimenticatoio/.
Vi ringrazio della vostra attenzione e…alla prossima recensione!
Selene.

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